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Vivere sostenibile: la luce

a cura di Elisa Annovi

L’arrivo dell’autunno e con esso l’allungarsi delle ore di oscurità ci dà occasione di riflettere sulla luce e l’ombra all’interno degli spazi. Dalle culture orientali il suggerimento per gli spazi “spirituali” è quello di evitare l’abbagliamento e anzi calare la quantità di luce nelle sale in cui si pratica e medita, cercando una sorta di tenue buio che inviti all’introspezione, all’osservazione interna più che esterna.
La fiamma delle lampade a olio o le candele negli spazi sacri e di meditazione creano una penombra in cui l’attenzione si sposta dagli stimoli che possono darci i materiali di cui è fatto lo spazio ad una sensazione di assenza di confini che restringe la percezione a pochi metri da noi, invitandoci al raccoglimento e all’assenza di distrazioni.

luce meditazione
luce spazi yoga

Anche in questo caso le abitudini sono l’oggetto del nostro osservare. Dagli anni ’60 ad oggi la quantità di luce per un semplice spazio di soggiorno è passata da 150/200 lux (quantità di luce al metro quadro) a 350/450 lux, triplicando quasi la quantità di luce in casa. Per ora non consideriamo il tema di risparmio energetico ma semplicemente l’abitudine che ha l’occhio negli spazi chiusi quando fuori è notte.

Riflettendo ancora sull’illuminazione dall’inizio del secolo scorso, è evidente che anche molti spazi “sacri” occidentali hanno cambiato molto la quantità di luce interna, gli stucchi d’oro delle chiese barocche di notte o mattina presto, nell’ora del raccoglimento, in realtà risultavano caldi bagliori, piuttosto che scintillanti masse d’oro come ci appaiono oggi, illuminati sempre a giorno. All’epoca della loro realizzazione in nessun modo potevano distrarre l’occhio del fedele, spostando quindi l’attenzione dalla vista ad una specie di azzeramento dei sensi che è poi quello che ricerchiamo nel pratyahara. Anche di giorno questi spazi non hanno luce diretta in grande quantità ma piuttosto hanno una serie di filtri, un susseguirsi di stanze e porticati che conducono alla stanza di meditazione al riparo dalla luce anche di giorno.

luce spazi sacri
luce spazi sacri e yoga

Qual è la luce giusta per ogni spazio?

Come per la temperatura, anche il comfort luminoso è un’esperienza soggettiva, quindi la risposta è che ognuno di noi dovrebbe esplorare e capire qual è la quantità di luce di cui ha bisogno in base agli usi di ogni stanza. Quando la stanza ha più usi, potrebbe servire una luce modificabile.

Come fare?

Inizialmente può essere interessante utilizzare più lampade da attaccare alle prese di corrente esistenti con lampadine più o meno intense. Oppure, si può provare a sostituire le lampadine delle lampade a soffitto e a parete esistenti nello spazio. Capire il materiale di cui è fatto il diffusore della luce (vetro, plastica, carta) e il suo colore può aiutarci a creare variabili interessanti. In generale, è meglio evitare l’effetto nuvola di luce abbagliante localizzata in un piccolo punto a favore di più punti luce con una quantità di luce inferiore.

Quando si parla di spazi per lo yoga, nel rispetto della ciclicità stagionale, vale la pena chiedersi se la stessa lezione che a Maggio ha la luce naturale dall’inizio alla fine, deve avere lo stesso “trattamento” luminoso anche in autunno/inverno quando probabilmente l’inizio di una pratica, serale o mattutina se all’alba, è avvolto dall’oscurità della notte. Si potrebbe migliorare l’ambiente creando delle piccole differenze attraverso luci più tenui per le pratiche che diventano notturne (questo dipende molto anche dallo stile che si pratica e dalla scelta di ogni insegnante).

illuminazione spazio yoga
luce spazio yoga

Oltre alle lampade e alle luci artificiali, la stagionalità ci impone anche di capire materiali e colori dello spazio. Prendiamo ad esempio una sala completamente bianca o dai toni chiari neutri, ideale per l’estate. In autunno/inverno può essere arredata con l’uso attento della penombra, qualche parete ricoperta da tessuti, tende o arazzi decorativi, da tappeti a terra dai toni più scuri per renderla un nido più accogliente e morbido.
Lo stesso principio vale per i tessili, sia quelli dati in dotazione dallo yoga studio brandizzabili che quelli personali. L’attenzione alla stagionalità può essere studiata per avere maggior comfort durante la pratica e creare una diversa armonia del luogo nelle diverse stagioni.
Per fare un esempio, lo yoga towel da mettere sopra il tappetino, può avere una colorazione più chiara e dai colori brillanti in primavera/estate e più scura in inverno. La coperta per il rilassamento, che alcuni yoga studio mettono a disposizione, può cambiare per consistenza e colore: cotone chiaro estivo, lana scura in inverno. Anche i colori dei cuscini possono seguire le stesse logiche.

Un’attenzione eccessiva? Serve veramente tutto questo materiale?

Certo è che lo yoga affina la sensibilità e non solo quella verso il nostro corpo ma anche verso ciò che ci circonda. Inoltre, io trovo che luci e tessili, possano cambiare completamente il volto di uno spazio e possano crescere con lo spazio. Non è necessario fare tutto subito, ma di certo sono dettagli che vengono notati da chi frequenta con costanza uno stesso spazio e viene letto come un prendersi cura, un passo in più verso una migliore accoglienza. Lo stesso può accadere fuori dalla shala negli spazi comuni o negli spogliatoi. Un cuscino di cotone che diventa di velluto o di lana, un piccolo tappeto dove ci si cambiano le scarpe che da cotone o di vimini intrecciato diventa di lana anche a pelo lungo soffice e morbido. La luce che diventa da più tenue.

Uscendo dal bianco abbagliante possiamo esplorare le infinite gradazioni di penombra calda, dai colori della terra e della natura. Le diverse morbidezze dei tessuti a parete o a terra possono fare la differenza tra uno spazio “secco” e uno spazio morbido e accogliente. L’autunno e l’inverno chiamano il naturale.
Possiamo prenderci cura degli spazi e creare un nido soffice in cui rifugiarci. Perché non esplorare le abitudini orientali e rifugiarsi su pavimenti caldi (in tessuto) in stanze vuote ma dai colori caldi e arricchite da dettagli su cui gli occhi possano indugiare con gentilezza, senza fretta, con la calma che solo la contemplazione nella penombra ci può insegnare?

Tutto questo di riflesso ci porterà a capire esattamente di quanta luce abbiamo bisogno per evitare di usarne di default più di quanto necessaria. In termini di costi, probabilmente non farà una grande differenza, ma ci abituerà ad un atteggiamento di esplorazione che evita inutili sprechi.

Tra poco le ore di luce naturale caleranno. Possiamo già iniziare a pensare all’abito invernale dello studio. Ancora una volta fare tentativi è semplice ma può dare grandi risultati.

Namasté

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