A cura di Marco Sebastiani
Oggi sappiamo con certezza che lo yoga ha almeno 5.000 anni. Di queste prime forme abbiamo unicamente testimonianze archeologiche, ma vedere nei bassorilievi di Mohenjo-daro soggetti seduti in siddhasana, la posizione perfetta, lascia davvero stupefatti. Per avere un orizzonte temporale, questa è l’epoca del primo periodo dinastico in Egitto, delle prime culture della Mesopotamia, della civiltà minoica, eccetera. L’alba delle culture umane. Successivamente, ma sempre in anni molto remoti, lo yoga venne formalizzato e cristallizzato in due opere monumentali: la Bhagavad Gita e gli Yoga Sutra di Patanjali, intorno al 500-300 AC, cioè circa 2500 anni fa. Queste opere fondamentali ci sono giunte nella lingua diffusa in quel periodo nella valle dell’Indo, cioè il sanscrito. Yoga è un termine sanscrito e da allora il destino di quest’arte sarà legato indissolubilmente a questa lingua.

L’eredità consegnataci dal sanscrito ha almeno due aspetti estremamente affascinanti.
In primo luogo è la testimonianza più tangibile dell’affratellamento culturale di tutte le genti Indo-Europee: germanico, italiano, francese, spagnolo, portoghese, ma praticamente tutte le lingue europee, slavo, Iraniano, Indi, e moltissimi dei dialetti parlati in quelle aree, ma anche greco, latino, sanscrito e decine di altre lingue morte o ancora parlate, hanno una chiara origine comune.
Indiani, Europei e alcune popolazioni medio orientali hanno una chiara radice culturale comune. Provengono cioè da un’unica popolazione che in epoca remota migrò in quasi tutte le aree tra questi due continenti.
In secondo luogo il sanscrito è diventato la lingua franca dello yoga.
Possiamo fare una lezione in qualsiasi parte del mondo e capire a quale posizione si stia facendo riferimento, quando queste sono annunciate con il nome tradizionale. Alcuni stili di yoga vanno anche oltre, conducendo i pranayama in sanscrito oppure contando i vari passaggi con i numeri di questa lingua.
Se allo yoga togliamo il sanscrito, questo probabilmente non è più yoga, perché il nome stesso della nostra arte, nasce in questa lingua.
Si potrebbe aprire un lungo dibattito su cosa sia la tradizione, o le tradizioni, nello yoga e quali siano invece le spinte innovative, ma non è questo il punto. Con una storia tanto lunga lo yoga si è strutturato prima in scuole, anche significativamente diverse, in India, per poi conoscere una grande diffusione mondiale nei tempi moderni. Uno degli elementi rimasti invariati in questi anni è proprio l’esprimersi nella sua lingua originaria.
L’uso del sanscrito va, inoltre, oltre la semplice espressione orale o scritta. I suoni del suo alfabeto, sono ritenuti avere un potere, vedi su tutti l’AUM o OM, oppure l’associazione dei suoni con i chakra.

Ad aggiungere un ulteriore tassello, l’alfabeto con il quale oggi viene scritto il sanscrito è l’alfabeto devanagari, termine che significa la dimora (nagari) del divino (deva) oppure i segni degli Dei. Anche le parole scritte sanscrite sono ritenute avere un potere che va oltre il loro significato e il loro suono. Un potere che comunque aggiunge comprensione a chi si trovi sulla strada della ricerca.
Concludendo, tutti noi appassionati di yoga, e non semplici curiosi, se facessimo un piccolo passo in più, riferendoci sempre alle posizioni con i loro nomi tradizionali o, ad esempio, se iniziassimo a contare i passaggi del Saluto al Sole con i numeri sanscriti, saremmo certamente ripagati da una maggiore profondità nella comprensione della pratica.
Andando avanti poi, potrebbe valere la pena studiare le basi del sanscrito. L’alfabeto è un poco più ricco del nostro ed è composto di circa 50 segni, ma quando siamo in grado di memorizzare questi 50 segni, siamo in grado di leggere questa lingua, che ha fondamentalmente un’impostazione simile al latino e all’italiano e moltissime parole in comune con queste: la parola madre in sanscrito è mātā, in latino mater, in greco mèter, in inglese mother, in tedesco mutter, mentre la parola padre in sanscrito è pitar, in latino pater, in greco patèr, in inglese father, in tedesco vater. I numeri sanscriti assomigliano molto ai corrispettivi italiani: 2 dve, 3 trini, 4 chatvari, 6 sat, 7 sapta, 9 nava, 10 desha.
Insomma, non necessariamente dobbiamo leggere gli yoga sutra nella lingua originale, ma anche solamente comprendere qualche nome o saper traslitterare qualche parola o un mantra, potrebbe regalarci grandi soddisfazioni.