A cura di Elisa Annovi
Quanto è importante la sensazione di sentirsi accolti nella vita? È una sensazione che ci mette subito a nostro agio e ci fa immediatamente rilassare.
Il Namastè dello yoga è un gesto di grande accoglienza nella sua semplicità, uno dei modi di tradurre quella posizione delle mani insieme al saluto è “il divino che è in me riconosce e saluta il divino che è in te”, direi che dentro c’è davvero tutto.
Le persone ci fanno sentire accolti quando prestano attenzione ed entrano in empatia con noi.
Le tante sequenze di apertura del cuore che spesso facciamo lavorando su petto spalle e braccia, nascono proprio per scardinare l’abitudine al sospetto, alla chiusura, all’eccesso di protezione.
Incontrando un amico che ci parla a braccia incrociate e con le spalle chiuse in avanti a proteggere il petto, non avremmo mai la sensazione di essere accolti che avremmo, invece, se ci accogliesse con un abbraccio e poi tenesse un atteggiamento rilassato di spalle e braccia.
Negli ambienti accade esattamente la stessa cosa. Le “braccia aperte”, intese come luogo di accoglienza secondo l’esempio di prima, nei luoghi sono rappresentate dallo spazio di ingresso.
Il Vāstu per gli edifici da progettare da zero suggerisce come direzione preferibile per l’ingresso il Nord o Nord-ovest. Ovviamente quando parliamo di unità all’interno di edifici scegliere la direzione dell’ingresso non è sempre possibile. È possibile però prendersene cura.
Prima di ogni cosa, l’ingresso deve avere una giusta proporzione, qualora i muri siano esistenti possiamo aiutarci con controsoffitti o con righe colorate o altro per trovare armonia nelle dimensioni dello spazio.

Dovrebbe contenere circa un terzo delle persone che potrà contenere la palestra, ci saranno momenti tra la fine di una lezione e l’inizio dell’altra in cui l’affluenza in questo luogo sarà alta, persone che arrivano prima o si fermano un po’ dopo lezione, quindi diventerà nel tempo uno spazio di scambio sociale. Nell’ingresso possono essere presenti comode poltrone, divanetti o daybed, libri di ispirazione, acqua calda per tisane e ogni altra cosa vogliamo mettere a disposizione per gli ospiti.
L’ingresso deve essere sempre in ordine, in modo da onorare l’ospite che arriva. Deve essere ben illuminato, con una luce confortevole (senza abbagliamenti), per mettere tutti a proprio agio vedendo bene attorno a loro.
Può essere un luogo separato dallo yoga studio vero e proprio e deve immediatamente dichiarare la personalità di chi abita e vive lo spazio, quindi non deve essere neutro e anonimo ma caratterizzato.
Nel caso in cui si tratti di uno Yoga studio inteso anche come attività commerciale deve dichiarare immediatamente i valori fondanti dell’attività. Proprio in questo caso questo è il luogo in cui le persone arriveranno per la prima volta e avranno la loro prima impressione, la sensazione a pelle li può farle sentire accolti, indifferenti o respinti. Il logo dell’attività, il nome dello studio i colori che fanno parte della scelta comunicativa cromatica, qui devono essere utilizzati per dare l’impressione di essere entrati esattamente in quello spazio dove i valori che la pubblicità, i biglietti da visita i volantini o altro hanno voluto comunicare. Dovrebbe avere colori caldi, che non significa per forza scuri, perché esiste anche il bianco caldo o un azzurro caldo, e dovrebbe avere arredi o altro in materiali naturali, o comunque dai toni naturali.


Dovrebbe essere ben arieggiato e avere un piacevole profumo, senza esagerare con la quantità, a tal proposito la comunicazione ci insegna che anche l’olfatto ci aiuta a fidelizzare la clientela, quindi il mio suggerimento è scegliere un’essenza naturale che ci piaccia e tenerla per molto tempo in modo che possa divenire riconoscibile.
Una cosa che mi piace fare alla fine del progetto, avendo come amica un “naso” è il profumo su misura di una attività. È sempre un processo interessante e altamente evolutivo.
L’idea di profumare la stanza in attesa dell’ospite è ben presente sia nel Vāstu che nella cultura Giapponese.
Il mio consiglio è di non mettere nell’ingresso la reception amministrativa/organizzativa ma solo quella che serve ad accogliere le persone. In diversi studi all’estero l’iscrizioni alle classi avviene online tramite l’applicazione del telefono, iniziamo ad arrivarci anche noi in Italia, in questo caso la parte amministrativa è totalmente fuori dall’edificio.

Questo concetto viene proprio dal non voler mischiare l’accoglienza umana con la parte più burocratica/amministrativa, tanti vengono a lezione dopo aver lasciato una scrivania con un computer davanti al quale hanno passato le ultime 10 ore, mostrargli un pc appena entrano non è in linea con l’idea di staccare per qualche momento dalla propria vita per prendersi tempo per sé.
Inoltre, il tavolo e le sedie necessarie per fare le iscrizioni portano ad una separazione fisica tra chi si iscrive e chi amministra, separazione che è giusto che ci sia qualche volta l’anno ma non è il modo giusto di accogliere gli iscritti ogni giorno.
E ancora, sul tavolo spesso ci sono computer o altri dispositivi elettronici che sono un’altra fonte di stress quotidiano, a volte anche di ogni singolo minuto delle nostre vite, fonte di distrazioni e di inquinamento elettromagnetico, anche questi device più sono lontani dallo spazio di accoglienza meglio è per iniziare a rilassarsi subito.
Questo piccolo riguardo è lo stesso che molti interior designer di grande fama applicano al salotto delle case “da rivista”, nelle quali non troverete mai la televisione ma bensì divani uno di fronte all’altro per favorire la conversazione che è l’attività principale che si dovrebbe svolgere in soggiorno.
L’ultima attenzione per la zona di ingresso riguarda le pareti che lo separano dagli altri spazi. Se l’ingresso alle sale in cui si fanno le lezioni è diretto, il mio consiglio è di isolare le pareti acusticamente e di mettere una pesante tenda (velluto o simili) all’interno della sala davanti alla porta. Quando è possibile, il consiglio è quello di creare uno spazio di filtro tra l’ingresso e l’accesso alle sale, in modo che la socializzazione non disturbi il raccoglimento e il silenzio.
Nello Yoga corner in casa ovviamente ci sono meno premure da prendere per l’ingresso allo spazio, ma quest’ultima attenzione della tenda interna può rimanere un’indicazione utile, soprattutto se non viviamo da soli. Può sempre accadere che qualcuno per sbaglio entri nella stanza in cui stiamo praticando, un tenda tesa è un modo delicato per fare capire che chi entra un po’ sta disturbando. Inoltre, se oltre allo yoga ci interessa avere un angolo per la meditazione la tenda può essere proprio la “parete” di questo angolo.


Per quel che riguarda invece l’accoglienza nel nostro angolo io suggerisco di mettere là dove lasciamo le nostre ciabatte o oggetti che ci togliamo per la pratica, immagini di sensazione e ispirazione per il nostro cammino spirituale, una piccola bacheca con frasi che ci risuonano in questo momento della vita o belle immagini di luoghi naturali a noi cari ci faranno subito sentire “ a casa”.
Allargando il concetto di ingresso oltre uno spazio o un oggetto si può arrivare a pensare all’accoglienza del nostro luogo per praticare non con qualcosa di fisico ma con un semplice gesto di benvenuto al nostro momento di pratica, accendere un incenso metterci qualche goccia di olio essenziale sui polsi, far partire un brano di musica se pratichiamo con la musica.
Un gesto, un decoro, un profumo poco serve per sentirci accolti anche da noi stessi. Provare per credere…
Namasté
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