A cura di Elisa Annovi
La mobilità è il tema più scottante del vivere sostenibile, tant’è che in molti anni di frequentazione di ambienti che desiderano imporre un forte cambiamento nell’ambito delle costruzioni per fabbricare o ristrutturare edifici a bassissimo consumo, di persone che poi applicassero le stesse regole anche alla loro mobilità ne ho conosciute poche, forse un paio. Anzi, spesso prendendoci in giro a vicenda abbiamo sorriso nel trovarci a corsi di aggiornamento per cui molti avevano dovuto prendere aerei o fare molti chilometri in automobile, in modo decisamente poco “green”.

La verità ora.
La verità è che l’abitudine che abbiamo fatto alla sensazione di libertà che ci dà l’automobile personale è difficile da lasciare andare, anche perché per farlo dovremmo – nella maggior parte dei casi- rivedere il nostro lavoro e addirittura cambiarlo ponendo come prima necessità il non volerci muovere quotidianamente facendo 30/50 km in auto in modo non sostenibile.
Ora è arrivata questa pandemia che ci ha costretti a casa, a lavorare da camere e soggiorni, a fare la maggior parte degli incontri in via telematica. Ora molti di noi hanno provato che un’altra via è possibile.
Ora è facile fare due conti su quanto ci costa in termini di aria irrespirabile e a livello economico quella sensazione di libertà. A me personalmente costa un mese e mezzo di lavoro in termini economici, tra rifornimenti, assicurazioni manutenzioni, ecc e un’aria tra le più inquinate del mondo, vivendo in pianura padana. Erano anni che non vedevo il cielo così azzurro, forse da quando ero bambina e mi dicono che anche in centro città a Modena si sente il profumo delle fioriture del momento, glicini, i primi gelsomini.

Molti di noi aspettano che le scelte ci arrivino dall’alto, da obblighi comunali o statali. Di sicuro le amministrazioni stanno pensando a piani per la mobilità sostenibile per la riapertura completa dopo il Covid e gli esempi efficaci ci sono, penso a Copenhaghen e Helsinki, due posticini freddi in cui però tutti si muovono con le gambe, a piedi e in bicicletta invece che a petrolio e che entro il 2025 saranno città “carbon neutral”.
Se le dovessimo spingere a mano le nostre auto invece di usare il petrolio sicuramente ci inventeremmo velocemente una soluzione più intelligente.
Chiaro che se ci obbligheranno lo faremo ma forse è’ arrivato il momento di scoprire, facendo un atto di coraggio, qual è il nostro impatto sulla produzione di Co2 del pianeta ed è facile farlo. Ad esempio sul sito howmanytrees.org è possibile valutare il nostro impatto ambientale e trovare consigli su come ridurlo.
Altra piattaforma utile e più puntuale nelle domande, anche se in inglese è: footprint.wwf.org.uk
A tal proposito, dopo tanto parlare di sostenibilità vorrei riflettere sul significato di questa parola.
Con essa si intende “la condizione di uno sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri” e di conseguenza è utile anche ricordare il significato di bisogni che sarebbero le “necessità fondamentali da soddisfare per garantirsi la sopravvivenza”.
Sarebbe molto onesto da parte nostra dividere le nostre attività tra bisogni, abitudini sociali e desideri per capire che peso in termini di CO2 dare a ciascuno di questi ambiti e valutare ad esempio, se non sia più utile cambiare le abitudini che magari ci fanno spostare in auto tutti i week end estivi a favore di soddisfare qualche desiderio che ci appaga in modo più profondo che possiamo raggiungere in modo sostenibile.
Anche questo costa sforzo, non fisico, ma magari perché perdiamo il “giro” degli amici che vanno al mare e dobbiamo reinventarci il week end a casa da soli. Magari con 30 euro di amaca invece che di benzina ci risolviamo svariati week end.

Ci sono molti “strati” di abitudini da rivedere.
Occorre avere un punto di vista distaccato per capire dove vanno le nostre energie, se modo in cui avviene è sensato o ad esempio se non ci semplifichiamo di molto la vita facendo qualche cambiamento, guadagnando in tempo libero e “sostenibilità”.
Qualche tempo fa un collega che stimo molto si era fatto fare diversi preventivi per il restauro delle persiane di casa, tutti piuttosto alti, comprensibilmente perché aveva chiesto ad artigiani in regola che su quella cifra dovevano mettere materiale, tempo e tasse. Pensandoci un attimo in più si è accorto che per pagare quella cifra lui avrebbe dovuto lavorare più di 20 giorni mentre per fare il lavoro ne occorrevano forse sette. Così ha deciso di staccare dal lavoro una settimana e di fare lui la manutenzione. Ha fatto molta più fatica fisica, ma poi ha coinvolto anche i figli ed ha trascorso una settimana diversa a fare invece che progettare di fare. Chiaro non è un discorso valido per tutto ma l’economia sostenibile non considera solo la merce a Km0, deve anche tener conto del modo in cui ci si guadagna da vivere, e di quanta energia questo modo richiede, di che spesa in termini di energia Grigia.
Ma cos’è l’energia Grigia?
L’energia grigia di qualsiasi cosa, compresa la nostra vita, è quell’energia che non viene considerata (spesso nemmeno a livello economico) ma che viene spesa per produrre, (dal recupero delle materie prime, al processo, all’imballaggio) e per trasportare un bene e smaltirlo se è fatto di materiale non organico. Ecco allora che i fagioli che vengono dall’argentina magari costano meno dei borlotti italiani ma hanno un energia grigia altissima. Anche questa è mobilità non sostenibile. Diverso è se compro caffè da coltivazioni lontane su progetti che fanno avere ai lavoranti il giusto salario, allora a quel punto l’energia grigia è alta ma la motivazione la rende sostenibile poiché assicura il soddisfacimento dei bisogni dei lavoratori.
E allora anche i nostri acquisti devono prestare attenzione alla mobilità e forse come nel caso dell’amico è più conveniente dedicare qualche ora la settimana ad un orto, (Karma Yoga) piuttosto che lavorare molte ore e poi poterci permettere solo borlotti argentini.
È possibile una vita individuale e di società carbon neutral?
I siti che danno suggerimenti a tal proposito ormai non si contano e tutti suggeriscono la regola del buon senso: preferire tutto ciò che non ha bisogno di energia di qualsiasi tipo (elettrica, gas, petrolio) a ciò che ne ha bisogno fino a preferire un libro alla tv per passare il tempo libero. Intendendo il concetto in questo modo è facile ogni volta che facciamo un’azione capire se è possibile farla senza il consumo di energia.
Allora può diventare molto utile fermarsi un attimo e fare una lista che comprenda tutte le nostre azioni che comprendono un uso di energia compreso il modo in cui ci muoviamo o mangiamo o quello che acquistiamo e il modo in cui arriva in casa nostra.
Dopo averla fatta con un colore possiamo sottolineare quello che ci viene immediato cambiare subito, ad esempio limitare uso di carne o i troppi voli aerei o ancora l’uso smodato di corrieri per gli acquisti. Poi, con un altro colore evidenziamo ciò che possiamo cambiare con un pò di “sforzo”, cibo a km0, smart working un paio di giorni a settimana da casa o muoversi con i mezzi qualche giorno a settimana (o in bicicletta) e ancora con un altro colore quello che ad essere onesti possiamo ridurre, con un pò più di sforzo ma senza intaccare i nostri bisogni per lasciare alle nuove generazioni la possibilità di realizzare i loro.
Siete pronti al cambiamento?? Tentar non nuoce!
Namastè

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